Cucine Senza Frontiere con Mara Redeghieri

Attanadara - Cucine senza fronteire 12 giugno - CopiaVenerdì 12 giugno a Casa Bettola

Ore 20.00 Cucine Senza Frontiere – A tavola per il diritto all’abitare e un’accoglienza degna. Cucina africana a cura degli abitanti delle case occupate di via Gorizia e via Gramsci. 10 € adulti, 5 € bambini.

Informazioni e prenotazioni sul 338 7663416

Ore 21.00 Dio Valzer presenta “Attanadara”

Mara Redeghieri (voce), Nicola Bonacini (contrabasso), Lorenzo Valdesalici (chitarra)

Negli ultimi due anni alcuni profughi provenienti dalla Libia, rimasti senza alloggio e costretti a dormire in strada, si sono riappropriati di un diritto fondamentale, quello alla casa, occupando due stabili abbandonati e lasciati al degrado.Il contributo della cena andrà a sostegno dei lavori di autorecupero degli edifici: per affermare che l’abitare è un diritto di tutte e tutti e che le case non devono essere lasciate all’abbandono e alla speculazione edilizia!

Promosso dall’associazione Città Migrante & Casa Bettola

Mara Redeghieri sul nuovo disco “Attanadara”:

“Attanadara, significa “te ne accorgerai!” in dialetto di Villa Minozzo e dintorni, una minaccia verso chi non vuol vedere o non vuol sapere che il presente di tutti è proprio quello di queste vecchie canzoni.
Contiene rivisitazioni di musicali canti anarchici e resistenti che cantano la lotta, la speranza e la fede in un mondo finalmente liberato dalle contraddizioni economiche che lo determinano e lo sorreggono. Nato sotto l’egida del dio valzer, uscito cinque anni fa come prima raccolta di tali temi, ideato e prodotto da Benedetto Valdesalici per il Circolo Culturale Enrico Zambonini, ne prosegue il percorso aggiungendo al repertorio altri testi per noi sempre significativi e attuali. Sono già passati tredici anni dallo scioglimento della tanto compianta band USTMAMO’.… venticinque dalla nostra formazione, son numeri e anni sulle mie spalle, niente è più come prima. Dopo che ci siamo sciolti ho cercato per diversi anni la maniera per continuare, per ridare un significato sincero alle parole e alla musica.
Da giudizioso essere canterino, per me le parole son molto importanti e fanno la differenza. Non riuscirei a cantare qualsiasi cosa e lungi da me la lingua inglese, che non mi appartiene davvero nonostante la insegni da vent’anni ai miei disgraziati studenti.
A me la forma canzone piace parecchio, soprattutto il cantare italiano classico, con belle melodie strofe e ritornelli che tornano.Così mi riaccosto alla favolosa canzone popolare per farmi insegnare come si dicono le cose, come ci si commuove raccontandole. Ricomincio da lì.
Cantare anarchico e partigiano è ancora più profondo, perché è cantare di popolo oppresso che rivendica il proprio onore, la propria libertà di volere campare dignitosamente.
Ecco che il canto assume forma sociale e politica, pur non essendo io davvero mai stata fedele a nessun partito, continuo a sperare in un vivere civile e democratico, dove ognuno sia strettamente responsabile per sé ed il mondo che lo circonda.
Oltremodo efficace il calore degli strumenti acustici suonati semplicemente senza orpelli, davanti a poco pubblico esterrefatto (i nostalgici degli UST) e davanti a tanta gente che non sa chi sono. In trio, formazione elastica ideale anche per girare in auto familiare con l’impegno del contrabbasso.
Fuori dai circuiti discografici ormai inebetiti dal mercato impazzito e da ascolti di massa che non rispondono più a nessuna regola.
A me sembra che vada bene così.”